Giugno 17, 2025

Keep Calm and Be Futsal

#futsalmercato, Benedetta De Angelis saluta l’Audace Verona dopo cinque stagioni

Foto: Effe photography

L’avventura di Benedetta De Angelis con l’Audace Verona è ai titoli di coda. Ad annunciarlo è stata la stessa calcettista italiana, attraverso un post pubblicato sui suoi canali social.

La stagione dell’amore viene e va.

Ho già avuto modo di sperimentare il mio rapporto complicato con le cose che finiscono. Quello di “fine” è un concetto che mi ha sempre spaventata, ma so anche che è una bella parola, perché contiene in sé l’idea di un passaggio, di un confine che segna un termine ma anche un nuovo inizio (dal latino finis, confine, limite): è quindi insieme punto d’arrivo e punto di partenza, epilogo e principio, ultima fermata e nuova promessa. 

E in tutto questo ciclo primordiale di cose che iniziano e finiscono, la cosa più dura da accettare è che a volte i titoli di coda sopraggiungono quando il film non è ancora finito, quando nella storia c’è ancora l’amore… ed è un sentimento strenuo, impavido, che non vorrebbe arrendersi.

Dopo 5 stagioni di un amore che “viene e va”, saluto la mia squadra, l’Audace Verona.

Tra la (provvidenziale) chiamata del presidente Betteghella nell’inverno del 2020 a oggi è trascorsa tanta, troppa vita. Sono accadute tante, troppe cose.
In questi anni ho avuto modo di capire cosa amo e cosa odio di questo sport (e di me). Cosa voglio e cosa no. Cosa è giusto e cosa è sbagliato. E purtroppo in un mondo così contraddittorio e spietato, per quelli che cercano di fare le cose giuste non ci sono tanti trofei da mettere in bacheca.

L’Audace ha un credito con il “dio del futsal” e sono certa che un giorno non troppo lontano arriverà il momento di riscuotere. Intanto in questo tempo sono diventata adulta e donna. Ho più sbagliato che aggiustato, ma anche questo fa parte del gioco. 
Ho amato, odiato, aiutato, ignorato… qualche volta ho pure bestemmiato (perdoname madre ma a volte “mi son veneta”).
Ho cominciato ad apprezzare i silenzi, l’iniziale diffidenza tutta veneta che si scioglie pian piano, a colpi di spritz. Ho imparato ad amare una squadra che è diventata famiglia, una città che è diventata casa. Quando l’eco della pandemia teneva lontani i turisti, ho potuto sedermi in solitudine sulle scale del Palazzo della Ragione, nel mio posto in assoluto preferito: il Cortile del Mercato Vecchio, su cui svetta maestosa la Torre dei Lamberti. In quei mesi di silenzio coatto e solitudine forzosa, sono entrata nel cuore della città e la città è entrata nel mio. Ho seguito le orme di Dante e forse anche per me Verona è stata “lo primo rifugio e ‘l primo ostello”, quando non ero propriamente una ghibellin fuggiasca, ma certo una nomade senza fissa dimora nel mondo.
Che poi si sa, gli abruzzesi sono “zingari” per molti — ma non c’è nulla di cui vergognarsi.
Siamo un popolo in cammino, tenace, “forte e gentile”: gente costantemente in movimento, migranti, pastori e pescatori. Non a caso mio nonno Sante è nato dal grembo della montagna, mio nonno Edmondo dal respiro del mare.
Un legame ancestrale che lega la Majella al Mar Adriatico.
E dopo tante mie migrazioni, dopo tante foto di famiglia in cui non c’ero mai, è giunto il momento di tornare a casa.
È giunto il momento di restituire un po’ dell’amore che ho ricevuto, di dare un senso all’attesa e alla speranza di chi mi ha amata sempre e nonostante tutto.
C’è chi lascia una squadra facendo una lista puntuale e meticolosa degli obiettivi che ha portato a termine. Io, invece, volevo provare a fare la lista delle persone che ho incontrato lungo il cammino, ma sarebbe stata troppo lunga da scrivere e troppo dolorosa da ripercorrere.
Alcuni ringraziamenti, però, sono necessari. Non perché si “debba”, ma perché per me sono indispensabili.
Grazie all’Audace Verona, a tutte le mie compagne di squadra, a tutta la dirigenza e a tutto lo staff.
Grazie ad Alessandro per avermi insegnato che l’integrità morale è un valore non negoziabile e che c’è solo una via per fare le cose fatte bene: l’onestà. Grazie a Gabriele per tutte le volte in cui ci siamo scontrati come due cervi nobili e per le volte in cui i suoi occhi inumiditi dall’emozione hanno risposto alla mia million dollar question “perché lo fai?”.
Grazie a Maddalena perché se questo sport potrà un giorno sperare di sedersi al tavolo dei grandi sarà soltanto grazie a donne come lei, che hanno davvero voglia di migliorare, mettersi in discussione, sbagliare e rialzarsi, spinti da quel motore silenzioso “che move il sole e l’altre stelle”.
Ringrazio mister Andrea, che quest’anno è invecchiato di dieci anni anche a causa delle mie numerosissime e frequentissime polemiche e che proprio grazie al suo ascolto e alla sua pazienza mi ha insegnato che si può essere vicini anche da punti di vista molto lontani, che la vera libertà sta nell’esprimersi senza paura del giudizio e che a volte la verità è l’unica arma di cui possiamo e dobbiamo disporre. Grazie ad Alberto “Tratte”, dal quale ho appreso con stupore che la bontà, la dolcezza e la nobiltà d’animo talvolta si mostrano ai tuou occhi in una forma che non ti aspetti.
E grazie, infine, al mio capitano Luana, che ha affrontato con dignità, amore e coraggio una battaglia con il dolore che in molti avrebbero perso già in partenza. Vedere la forza con cui ogni giorno ha attraversato e superato il buio è stato per me fonte di ispirazione e insegnamento.
Grazie a tutti e a tutte coloro che in questi anni mi hanno conosciuta o mi hanno ignorata, mi hanno voluto bene o mi hanno mal sopportata. Grazie a chi mi ha messo in discussione, a chi mi ha fatto capire chi non voglio assolutamente essere e con chi non voglio assolutamente condividere il mio tempo e la mia anima. Grazie a chi mi ha donato amore più di quanto il mio cuore sia in grado di accogliere e sostenere. Grazie a chi mi ha perdonato e a chi ancora non l’ha fatto.
Grazie Fede, Rase, Aghi, Ketty, Giulia, Kathe.
Se non fosse chiaro abbastanza, ringrazio tutti e tutte ringrazio. Ringrazio la mia famiglia e ringrazio Dio per il dono della vita.
Audax sed fidelis: anche questo motto ora assume tutto un altro significato.
Con immensa gratitudine ma con altrettanta serenità nel cuore, saluto questo luogo, saluto queste persone, saluto questo amore che viene e che va.
Ora devo proprio andare. Un capitolo volge al termine e si apre per me una nuova vecchia vita.

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